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52 Dialogo Primo

è un instante d’un tempo quanto, qual’è un punto, d’una linea, che ne contiene infiniti; i regressi in dietro fatti da i lati del maggior Poligono sono non di tutto ’l lato, mà solamente dell’eccesso suo sopra ’l lato del minore, acquistando per l’innanzi tanto di spazio, quanto è il detto minor lato: ne i cerchi il punto, ò lato c nella quiete instantanea del termine b si ritira in dietro, quanto è il suo eccesso sopra ’l lato b acquistando per l’innanzi quanto è il medesimo b. Et in somma gl’infiniti lati indivisibili del maggior cerchio con gl’infiniti indivisibili ritiramenti loro fatti nell’infinite instantanee dimore de gl’infiniti termini de gl’infiniti lati del minor cerchio, e con i loro infiniti progressi, eguali à gl’infiniti lati di esso minor cerchio, compongono, e disegnano una linea eguale alla descritta dal minor cerchio contenente in se infinite soprapposizioni non quante, che fanno una costipazione e condensazione senza veruna penetrazione di parti quante, quale non si può intendere farsi nella linea divisa in parti quante, quale è il perimetro di qualsivoglia Poligono, il quale disteso in linea retta non si può ridurre in minor lunghezza, se non col far che i lati si soprapponghino, e penetrino l’un l’altro. Questa costipazione di parti non quante mà infinite senza penetrazione di parti quante, e la prima distrazzione di sopra dichiarata de gl’infiniti indivisibili con l’interposizione di vacui indivisibili, credo che sia il più che dir si possa per la condensazione, e rarefazzione de i corpi senza necessità d’introdurre la penetrazione de i corpi, ò gli spazii quanti vacui. Se ci è cosa che vi gusti, fatene capitale, se nò reputatela vana, e ’l mio discorso ancora, e ricercate da qualche altro esplicazione di maggior quiete per l’intelletto. Solo queste due parole vi replico, che noi siamo tra gl’infiniti, e gl’indivisibili.

Sagr. Che il pensiero sia sottile, et à miei orecchi nuovo, e peregrino, lo confesso liberamente, se poi nel fatto stesso la natura proceda con tal’ ordine, non saprei che risolvermi; vero è che sin ch’io non sentissi cosa che maggiormente mi quietassi per non rimaner muto affatto, m’atterrei à questa. Mà forse il S. Simp. havrà (quello


che