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48 Dialogo Primo

tro, ò le sei parti d’una linea, mi mostraste le sue divisioni segnate, ò al più piegate ad angoli formandone un quadrato, ò un essagono; perche mi persuado pure che allora le chiamereste à bastanza distinte et attuate.

Simp. Veramente sì.

Salv. Hora se l’inflettere una linea ad angoli formandone hora un quadrato, hora un’ottangolo, hora un poligono di quaranta, di cento, ò mille angoli è mutazione bastante à ridurre all’atto quelle quattro, otto, quaranta, cento, e mille parti, che prima nella linea diritta erano per vostro detto in potenza: quando io formi di lei un poligono di lati infiniti, cioè quando io la infletta nella circonferenza d’un cerchio, non potrò io con pari licenza dire d’haver ridotto all’atto quelle parti infinite, che voi prima, mentre erà retta, dicevi esser in lei contenute in potenza? nè si può negare, tal risoluzione esser fatta ne suoi infiniti punti non meno che quella delle sue quattro parti nel formarne un quadrato, ò nelle sue mille nel formarne un millagono; imperò che in lei non manca veruna delle condizioni, che si trovano nel poligono di mille, e di cento mila lati. Questo applicato à una linea retta se gli posa sopra toccandola con uno de suoi lati, cioè, con una sua cento millesima parte; il cerchio, che è un poligono di lati infiniti, tocca la medesima retta con uno de suoi lati, che è un sol punto diverso da tutti i suoi collaterali, e perciò da quelli diviso, e distinto, non meno che un lato del poligono da i suoi conterminali. E come il poligono rivoltato sopra un piano stampa con i toccamenti conseguenti de suoi lati una linea retta eguale al suo perimetro: così il cerchio girato sopra un tal piano descrive con gl’infiniti suoi successivi contatti una linea retta egual’ alla propria circonferenza. Non sò adesso, S. Simp. se i Sig. Peripatetici, à i quali io ammetto, come verissimo concetto, il continuo esser divisibile in sempre divisibili, sì che continuando una tal divisione, e suddivisione; mai non si perverrebbe alla fine, si contenteranno di concedere a me niuna delle tali loro divisioni esser l’ultima, come veramente non è, poiche sempre ve ne resta un’altra; mà


bene