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54 libro primo


nostri carlini. Se questo fu in sessantaquattro anni, dal 1638 al 1750, in cui siamo, cioè in centododici anni, ancorché siasi la miniera alquanto impoverita, non è dubbio che almeno altrettanto se ne sia scavato; il che fa in tutto sopra ottocentosessanta milioni di ducati. Chi poi dirá che da tutta l’America (ove sono, oltre al Potosi, abbondantissime le miniere di Copiago nel Chily e quelle della Plata; ed ove il Messico, la Terraferma ed il Brasile sono anche doviziosi d’argento) il doppio si sia ritratto di quel che le sole miniere del Potosi danno, dirá certamente molto meno del vero. Dunque, tutto sommando insieme, piú assai di duemilacinquecento milioni d’argento ha dalla sua scoperta in qua l’America dati a noi. Aggiungete tutto il metallo, che si trovò in mano agl’indiani per tanti secoli raccolto e lavorato. Poi, rivolgendosi all’Europa, riguardisi tutto l’argento, che prima di Cristoforo Colombo vi era, che certamente ed alla moneta e ad un non piccolo lusso era bastante. Aggiungavi tutto quello che dalle nostre miniere poi si è scavato. E certamente, sebbene sia falso quel che lo Stalli, anteponendo l’Alemagna all’America, ne afferma, cioè che in quattroegnto anni quarantamila milioni di lire d’argento abbian fruttato; pure, giacché queste miniere ancor oggi torna conto il lavorarle, convien credere che siano sempre state ricche. Sicché in due secoli e mezzo io ho per fermo che quattromila milioni di ducati d’argento siano stati in Europa; e pure io credo che ora assai piú di millecinquecento non ve ne siano; né giungono a mille que’ che in Oriente si sono inviati. Tutto il resto lo ha il lusso divorato, assorbito, distrutto. In aumento della moneta certo che piú di trecento milioni non si sono messi; e ciò è assai piccola cosa, riguardo al tutto. Può valer questo calcolo, della esattezza di cui, per vero dire, io conosco non essere da fidarsi molto, a confirmare un vero giá manifesto. Ora non aggiungerò altro su di questo.

Frattanto i miei lettori potranno avvertire aver io dimostrato che l’oro e l’argento hanno vero valore intrinseco, che non deriva né dall’usarsi per moneta, né dal capriccio nostro, né dal consenso delle nazioni. Per ciò fare è convenuto sviluppare i principi del valore di tutte le cose in generale, e adattargli