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nota 369


veste letteraria alle geniali utopie del Rousseau1 è uno dei capisaldi della concezione storica del Vico? E finalmente come non osservare che ciò che il G. dice sulla natura dei feudi e delle aristocrazie, sul corso e sui ricorsi storici; le sue interpetrazioni, non piú naturalistiche (secondo l’andazzo ancora vossiano dei suoi tempi), ma sociali della mitologia greco-romana; le sue cosí belle e acute osservazioni sull’antica geografia; l’adoperare, che egli fa, usi e costumi dei moderni selvaggi a spiegare usi e costumi di quegli altri selvaggi che furono gli uomini primitivi, ecc. ecc.; sono tutte prove lampanti che il nostro autore non affrontò l’intricato problema della moneta, e in generale gli studi di scienza politica, se non dopo essersi armato di una forte corazza di filosofia vichiana?

Senonché non vorremmo che, fraintendendosi le nostre parole, si desse a tutte codeste osservazioni, e alle tante altre che potremmo aggiungere, maggiore importanza di quel che abbiano in realtá. E, anche a costo di essere accusati di inutile ridondanza, ripetiamo ancora una volta che le idee non si rubano, e che chi volesse dar del plagiario al G. perché seppe cosí bene sfruttare il Vico senza citarlo (come del resto sfruttò il Machiavelli anche in qualche punto in cui non lo cita2), mostrerebbe di non aver riflettuto che la Scienza nuova, né piú né meno che i discorsi del Rinuccini e dell’Intieri, era una fonte, cui tutti potevano attingere; e che pertanto non si ha notizia di altri, che dalla lettura di essa fossero mossi a scrivere, sei anni dopo la morte del V., un cosí bel libro di economia, che oggi ancora si sente il bisogno di ristampare.

  1. Si vedano i Dialogues sur le commerce des blés, edizione originale (1770), pp. 227-39; brano riprodotto in F. Nicolini, Il pensiero dell’abate G. (Bari, 1909), PP. 73 - 83
  2. P. e., il iv capitolo del ii libro (pp. 123-131) è in parte ripetizione (talora quasi testuale), in parte sviluppo del famoso x capitolo del ii libro dei Discorsi sulla prima deca di Tito Livio (I danari non sono il nervo della guerra, secondo che è la comune opinione).