Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/365


appendice 359


tutto il dippiu si diceva. Eravi chi consigliava a far legge su’ cambi, chi ad alterar la moneta, chi a variar le proporzioni trall’oro e l’argento o almeno trall’argento e il rame. Credevasí che l’argento coniato fosse stato liquefatto dal lusso, e quindi sparito. Tutti ragionavano de’ mali, che non v’erano, come se vi fossero; e tutti proponevano per rimedio veleni. Il Broggia avea proposto l’introdur tra noi la moneta di conto o sia numeraria e il coniar monete di rame con picciola inargentatura (dette da’ francesi «di billon») come due specifici singolari. Altri, che aveano mano nell’amininistrazione della cittá di Napoli, in cui trovansi riconcentrate ora le vestigie de’ dritti dell’antico nostro parlamento, proponevano l’alzamento della moneta o la necessitá di coniarsi anche l’oro tra noi; ai quali pareri saggiamente si oppose Troiano Spinelli duca di Laurino, ora defunto, in un suo ragionamento.

Era insomma evidente il pericolo, che, ingannata la nazione dalla falsa apparenza de’ sintomi e de’ segni, giungesse a spaventare e perturbar l’animo di chi la reggeva, e che si pigliassero provvedimenti per impedire la vegetazione e la nuova salubritá del Regno, quasi fosse esso minacciato da qualche interno malore. Il solo Bartolommeo Intieri, chiaro veggendo in mezzo al buio, si rallegrava e godeva; benediceva il secolo, il principe, la nazione; augurava quella prosperitá, che infatti venne; e di tali suoi sentimenti godette che fosse lasciata testimonianza ai posteri nel libro Della perfetta conservazione de’ grani, che, indi a due anni, sotto il nome dell’Intieri (di cui era invenzione la macchina), l’istesso Galiani pubblicò. Ma l’Intieri, malgrado la stima conciliatasi, da pochi era creduto; perché piace troppo la maledicenza del governo, come quella che ha sembianza di libertá, e per lo contrario ogni lode, benché meritata, che se gli faccia, dá sentore o d’ambizione o d’adulazione in chi la fa. Invano si diceva esser cosa notissima che in tutti i fanciulli la vegetazione e la crescenza si annunzia spesso con sintomi di febre e di malattia: febre da non temersi né medicarsi punto, altro non essendo che quel moto e quello sviluppo che fa la macchina per distendersi e nutrirsi; che ogni miglioria dá febre ad uno Stato; che sono sempre naturali e sicure le similitudini e gli argomenti tratti dal corpo fisico a’ corpi morali; che, quando verso una parte delle membra, prima secca, smunta, mal nutrita, comincia a correr in maggior copia l’umore ed a rinvigorirla, impossibile è che quell’altra parte, dove in eccesso travasava, non si lagni di averne in parte perduto; che spesso