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358 appendice


gusto di somiglianti studi di politica e di governo. Felice se, come da loro apprese a ragionar delle cose di Stato, ne avesse del pari appreso a tenersene lontano e a nulla ambire. Ma il Broggia voleva esser valutato, per esser indi impiegato nelle cariche di governo ed innalzarsi a miglior fortuna. Questa ambizione, incontratasi in avverse circostanze, lo condusse in appresso a tragico e compassionevole fine. Né solo nella sapienza della vita si scostò il Broggia da’ suoi due illustri amici, ma se ne scostava anche in molte opinioni e sulla materia de’ tributi e su quella delle monete; onde avvenne che. pubblicata la sua opera, non trovando nelle bocche loro quell’encomio che si aspettava, si raffreddasse con essi l’amicizia. Pure a Ferdinando Galiani piacque in tutte quelle opinioni, in cui si oppose al Broggia, non citarlo, non combatterlo, non confutarlo mai; rispettando in lui un autor vivente, che avea scritto con buona intenzione e ch’era stato il primo tra noi a promuover colla stampa lo studio d’una utilissima e nobilissima scienza. Oggi, essendo egli morto ed il suo libro quasi messo in obblio, que’ luoghi della presente opera, che hanno allusione alle diverse opinioni del Broggia, gli son sembrati meritevoli di qualche rischiarimento.

Né minore ne richiederebbe il diverso attuale stato di Napoli e del suo regno da quel che era allora. La fortuna di esso cambiata nel 1734 in meglio coll’acquisto del proprio sovrano; le lunghe guerre indi sopravvenute in Italia, che, senz’arrecar considerabile nocumento a questi regni, vi fecero anzi circolar immenso denaro, di Spagna, di Francia, d’Alemagna e quasi d’ogni parte piovutovi; i migliori ordini del governo ad incoraggir le arti ed il commercio aveano in tutto mutata l’economia dello Stato, allorché ricomparve la pace in Europa nel 1749. La causa provveniva adunque da un acquisto di nuova forza e di maggior sanitá; ma l’effetto apparente e primo a scorgersi erano dolori, querele, scontentamento, malattia. Pareva che mancasse il denaro: si erano alterati i cambi; il prezzo d’ogni cosa era incarito; le rapide fortune de’ mercanti incettatori e non manufatturieri erano diminuite; tutti infine gli antichi ordigni e le molle dello Stato parevano o guaste affatto o sconcertate. E chi ne incolpava il lusso, chi il raffreddamento della devozione, chi incolpava di trascuraggine il governo, e chi una cosa precettava, chi un’altra consigliava. Non si poteva incolpare il principe di nuovi aggravi e di dazi imposti, perché troppo la saviezza e moderazione sua era stata visibile e palese; ma, da questo in fuori,