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350 note aggiunte nella seconda edizione


nona. Ma, natomi qualche dubbio nell’animo, ho voluto scandagliare esattamente il peso d’un augustale, giacché molti ne esistono ne’ musei de’ curiosi, e molti mi sono imbattuto a vederne ritrovati sotterra. Per l’esame ho prescelto uno di perfetta conservazione, che nel suo dovizioso museo possiede monsignor Calefati, vescovo di Potenza, uomo di scelta dottrina, di virtuoso animo, di dolci costumi e mio singolare amico; ed ho trovato che questa moneta pesa per appunto sei trappesi, o sia la quinta parte d’un’oncia, ha pochissima lega, ma, essendo lega d’argento e non di rame, ne rende l’oro pallido e scolorito. Da questo scandaglio mi sono indotto a credere esservi errore nella Cronica di Riccardo; e tanto piú me ne persuado, quantocché è noto esserne scorrettissimo e forse anche viziato il testo, a segno che anche nella data dell’anno si legge l’anno «1222», laddove si avrebbe a leggere «1232». Il testo scorretto di Riccardo ha indotto tutti gli altri in errore. L’Afflitto vi aggiunse un anacronismo, dicendo essere stato valutato l’augustale quindici carlini, non badando che i carlini cominciarono a battersi verso il 1266. Le monete d’argento di Federico secondo chiamavansi «tarini», voce portata a noi dalla Sicilia e che ancora ci resta. Intanto non ho dubitato di corrigere l’errore nella nota decimottava, e dire che l’augustale era la quinta parte dell’oncia, non parendomi possibile che l’imperador Federico avesse voluto dare ad esso un valor estrinseco cosí esorbitante e valutarlo per la quarta, allorché non pesava piú della quinta parte dell’oncia; né, se l’avesse fatto, sarebbesi per lungo tempo potuta sostenere contro all’evidenza una sí falsa valutazione.