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290 | libro quinto |
alcuno. Claudio Salmasio, uomo di cui non v’è forse stato chi abbia avuto ingegno e lettura piú grande (sebbene ei n’abbia fatto uso solo nel piccolo), fu il primo che scrisse compiutamente delle usure con non minore dottrina che inclinazione a giustificarle. Dietro lui scrisse Nicolò Broedersen, canonico della chiesa d’Utrecht, e poi altri; e ad essi s’oppose un numero grandissimo di scrittori d’ogni nazione. Negli anni passati si riaccese la disputa in Italia, dove Scipione Maffei, gentiluomo veronese, scrisse Dell’impiego del danaro; e, siccome l’animo suo nobile e generoso e l’opinione della virtú e dottrina sua, meritamente stabilita presso tutti, faceano conoscere non essere egli stato trasportato da passione o da riguardo alcuno, eccitò il libro negli animi di molti grandissima commozione. Gli si oppose fra Daniello Concina, dell’ordine dei predicatori, con due libri (de’ quali il primo fu stampato in Napoli), ripieni di fervore e fuoco incredibile e tanto meno aspettato, quanto parea doversi vedere fra uomini amici, dotti e soitoposti allo stesso principe maggiore placidezza. Ma furono le dispute interrotte con savio consiglio dalle supreme potestá; conoscendosí che coloro, i quali tanto ragionano del peccato dell’usura, non hanno per ordinario avute dalla provvidenza facoltá da poterlo commettere; e coloro al contrario, che vi potriano cadere, non sono stati, per colpa della loro educazione, posti in istato d’intendere le controversie.
Non si può negare che, sebbene la ragione sia per lo piú dalia parte del Concina, abbiano gli avversari in favor loro molte plausibili e speciose ragioni. Ora io son persuaso che, quando in due opposte sentenze si vede quasi divisa la veritá ed inclinare non piú all’una che all’altra, conviene che qualche abbaglio o inganno di voce siavi per lo mezzo; essendocché il vero colla sua luce discuopre subito l’origine sua e la concatenazione con tutte l’altre veritá e tinge sí fattamente di nero il falso, ch’è impossibile non avvedersene. Quindi, meco stesso ripensando, ho avvertite quelle cose che mi sembrano aver prodotte tante dispute, e qui le anderò manifestando il meglio ch’io sappia fare.