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capo quarto | 278 |
altro l’uffizio di San Giorgio, se non, quando uno ha preso lo Stato, che far giurargli la osservanza delle leggi sue; le quali insino a questi tempi non sono state alterate, perché, avendo armi e denari e governo, non si può senza pericolo di una certa e pericolosa ribellione alterarle. Esemplo veramente raro e da’ filosofi in tante loro immaginate e vedute repubbliche mai non trovato, vedere dentro ad un medesimo cerchio, intra i medesimi cittadini la libertá e la tirannide, la vita civile e la corrotta, la giustizia e la licenza, perché quello ordine solo mantiene quella cittá piena di costumi antichi e venerabili.
Molte parti dell’antecedente descrizione converrebbero benissimo alle compagnie presenti, e principalmente a quella dell’Indie orientali d’Amsterdam, la quale è tratto tratto divenuta una repubblica, forse più potente e piú ordinata dell’altra, in cui è nata.
Ora è tempo ch’io restringa il mio discorso a dire delle cose patrie, e principalmente de’ banchi; la conservazion de’ quali, per tanto tempo sostenuta fra noi, ci fa certamente grandissimo onore. All’autore dello Spirito delle leggi è venuto detto che non si possono istituir banchi ne’ regni che hanno commercio di lusso, come la Francia, la Spagna e l’altre monarchie. Ponergli, dic’egli, in uno stato monarchico
c’est supposer l’argent d’un côté, et de l’autre la puissance, c’est-á-dire d’un côté la faculté de tout avoir sans aucun pouvoir, et de l’autre le pouvoir avec la faculté de rieri du tout. Dans un gouvernement pareil il n’y a jamais eu que le prince qui ait eu, ou qui ait pu avoir un trésor; et par tout où il y en a un, dès qu’ il est excessif, il devient d’abord le trèsor du prince1.
Tanto a lui pare impossibile che il principe, benché lo possa, non voglia occupare le ricchezze de’ sudditi suoi. Ma, s’egli avesse riguardati noi, avrebbe veduto un regno certamente
- ↑ Montesquieu, De l’esprit des lois, liv. xx, chap. 10 (in Œuvr. compl., ed. Paris, Lefèvre, 1835, pp. 352-3) [Ed.].