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22 | libro primo |
quantitá dell’argento, e diminuitone quindi per metá il valore, cinque once d’argento costa il lavorio d’un cassone. Ed è questa la vera cagione, per cui gli accademici delle scienze di Francia, andati alla misura del grado del meridiano vicino all’equatore, hanno trovato da per tutto, e principalmente nella terra ferma e nella parte settentrionale del Perú, ove le miniere sono per ordinario meno ricche che non lo sono nella parte meridionale dei Potosi e della Piata e del Chily, una generale decadenza ed abbandono nelle mine, e gran numero di luoghi, che mostravano, con segni evidenti di fabbriche ruinose e cadenti, gli antichi lavori. Anzi, quel che loro parve piú strano, in Quito trovarono un generale orrore ed abborrimento a questa spezie d’industria, e trattati da matti tutti coloro che l’intraprendevano, siccome non molto tempo prima si teneano coloro che non applicassero a farla. E questa disposizione, che dagli accademici fu a torto a naturale pigrizia e stupiditá attribuita, io credo essere un segno ed un avviso, che vogliano quelle regioni, lasciando i lavori delle mine, che le spopolano e distruggono, cominciare ad essere in migliore stato; e allora noi saremo barbari da quella gente chiamati.
Vano timore intanto è quello, che moltissimi scrittori mostrano avere, che possa un giorno l’abbondanza dell’oro e dell’argento farsi eguale a quella del rame. In un solo caso ciò potria essere: che si trovassero miniere cosí ricche di questi metalli come sono quelle del ferro e del rame. Il che non pare che sia conforme agli ordini della natura delle cose: perchè le piú ricche miniere d’argento e d’oro non dánno che dodici o quattordici once per cassone. Nè sono da tenersi in conto, per la loro raritá, alcuni tratti di vene, che sino a cento once per qualche spazio han dato. Nè anco è da temersí che, scemato colla potenza delle leggi e dell’esempio il lusso, troppo si abbondi di metalli; mentre allora, traendosene una minor copia dalle viscere della terra, sempre la stessa raritá a un di presso si sosterrebbe. Cosí la natura alle sue cose pone certi confini, ch’elle non oltrepassano mai, nè fino all’infinito estendendosi, durano perpetuamente a raggirarsi in sulle stesse vicende.