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268 | libro quarto |
vecchie malconce, che vi si lasciano e sonovi brugiate. Nel che è meravigliosa la fede e lealtá de’ ministri, che non commettano frodi, moltiplicando a loro prò sì fatte monete. Ma una cosa, che pare tanto strana ed incredibile, cesserá d’esserlo a chi avvertirá essere state le colonie della Pensilvania in grandissima parte popolate da’ quackeri; tanto che con leggi loro si reggono ancora oggidí e fioriscono. I quackeri sono una classe di settari, che, in mezzo a molti ridicoli e stravaganti riti, si rendono ammirabili per l’esattezza con cui osservano le leggi naturali, alle quali sono quasi superstiziosamente attaccati. Né furono bastevoli tutti i tormenti, che si potettero in Inghilterra immaginare, a fargli giurare in un caso, in cui le leggi di quel governo richiedeano il giuramento: tanto che fu forzato il parlamento a dichiarare essere il semplice detto d’un quackero eguale al giuramento solenne dato da chi non è di questa setta.
Si è potuto adunque sostenere un impegno tanto arduo e difficile: I. Perché le colonie della Pensilvania hanno per confinanti i soli selvaggi, donde non temono contraffazione delle loro carte. II. Perché hanno commercio colla sola Inghilterra, sul quale possono benissimo attentamente vegliare. III. Infine perché le azioni straordinarie, e che sembrano superiori alla forza umana, possono ben essere dalla virtú consigliate; ma il solo fanatismo (misera condizione!) e l’impegno ostinato per qualche partito le può fare da tutti costantemente eseguire. Onde è che nelle false sètte si son vedute operazioni, che i cristiani hanno ammirate, senza potere virtuosamente imitare. Sicché da’ quackeri non si può prender l’esempio delle monete di carta ad imitare.
Venendo dunque a ragionare delle diverse spezie di carte obbligatorie, dico che altre manifestano debito d’un privato, altre d’una persona pubblica; e tutte si possono dividere in fruttifere ed infruttifere. Delle carte de’ privati non si parlerá qui, giacché, non essendo le firme loro abbastanza conosciute, e molto meno le facoltá e l’onestá ch’abbiano, di rado accade ch’esse sieno accettate da altri che da’ creditori diretti, e perciò non corrono come moneta. Dirò solamente delle carte esprimenti debito di persone pubbliche.