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capo terzo 262


la può piú contenere. Finché un negoziante lo può, gli sará sempre grato ritenere il danaro nel traffico, ove è guadagno maggiore; e l’aviditá del guadagno non è, negli uomini, né dall’etá né dai grandi acquisti saziata o diminuita. Ma, quando il canale di qualche parte di commercio non dá luogo a maggiori somme di denaro, fa la moneta quasi un allagamento, ed esce e ristagna nelle casse de’ mercatanti, finché non sia altrove derivata. Tanto è dunque possibile che tali impieghi offendano il commercio, quanto che lo scolare l’acque spaziate possa minorare il corpo dell’acque d’un fiume.

Né è minore inganno il credere che potesse giovare ad una repubblica il far restar chiusa e sepolta nelle case private la moneta de’ suoi cittadini. Poiché, lasciando stare che una sí fatta legge non sará mai ubbidita, io credo ch’ella non gioverebbe punto, come si ha opinione, a fare che la repubblica trovasse prontamente raccolte grandi somme ne’ suoi bisogni. E certamente, quando è vietato il godere delle ricchezze faticosamente acquistate, si svogli a ognuno dall’acquistare; e, siccome i danari sono una ricchezza (secondo dicono le scuole) «in fieri, non in facto esse», non apportando comoditá, non saranno tanto desiderabili. Cosí avverrá che la repubblica perderá le arti, le manifatture, il commercio; né sará piú per mare potente, né rispettevole per le ricchezze sue. Inoltre i tesori, che i cittadini conservano, nelle calamitá spendendosi tutti insieme, diventeranno abbondanti e vili, e non compreranno nemmeno la quarta parte di quelle merci che hanno valuta. Infine, essendo l’avarizia inimica alla virtú militare, come quella ch’è sorella della timiditá, accaderá sempre che le ricchezze, delle quali si è crudelmente proibito a’ possessori di godere nella pace, saranno nella guerra in un momento tutte dagl’inimici rapite e godute.

Ma, se sono erronee le due sopraddette opinioni, non è giá errore il credere che quella repubblica, di cui molte ed illustri famiglie escono fuori a stabilirsi, perderá sempre gran parte della sua libertá. In niun governo ha tanta parte l’interesse privato alle pubbliche determinazioni quanto negli aristocratici;