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capo terzo | 261 |
II
considerazioni sull’impiego del danaro fatto
da’ cittadini in compra di stabili soggetti
ad altro principe
Esce il danaro dagli Stati anche per soverchia prosperitá — Cagioni per cui ciò avvenga nelle repubbliche piú che nelle monarchie — Una tale estrazione non diminuisce il commercio — Il conservar il danaro inutile non giova alla repubblica — L’impiegar fuori della repubblica scema la di lei libertá — Ciò non ostante, non s’ha da vietare.
Per una ragione tutta contraria alla calamitá esce similmente il danaro da uno Stato, quanto è a dire per soverchia prosperitá ed opulenza; la quale, essendo stata generata da industria e parsimonia grande, ed avendo fatta crescere la ricchezza de’ cittadini oltre a’ termini convenienti alla patria ove sono nati, gli costringe ad impiegar fuori il danaro, e cosí mandarlo via. Vedesi ciò principalmente nelle repubbliche; e di tutte niuna piú di Genova è stata fertile di somiglianti esempi, avendo popolato con famiglie sue e l’Italia e la Spagna, que’ regni medesimi donde aveano i genovesi tratte le ricchezze. Per quali cause avvenga cosí, non sará inutile il ricercarlo, prima d’entrare a dire s’ei sia male o no, e come e quando si convenga sanarlo.
Sono le repubbliche ordinate piú ad occupare ricchezze mobili che terre e piú a far commerci che conquiste; perché le manifatture e le navigazioni, fondandosi sopra numerose societá, richiedono tranquillitá e sicurezza stabile e lunga. E, sebbene negli Stati monarchici la virtú del principe possa dar ozio, pace e sicurtá, pure ella non può darla durevole oltre alla vita di quel principe, sempre incerta tanto, quanto è dubbia e non conosciuta l’indole e i costumi che avrá il suo successore. Ma nelle repubbliche, essendo il principato costituito da’ cittadini