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248 libro quarto


colla metá della differenza ei l’otterrá. La ricchezza non è l’aver piú oro, ma l’averne piú in comparazione al resto del mondo. Né sarebbe un uomo piú ricco d’un soldo, se, raddoppiatasi, colla scoverta di miniere nuove, la quantitá della moneta del mondo, anche la sua si raddoppiasse.


Che s’egli è inutile scavar le proprie miniere, non potrá non essere dannoso combattere per occupare e togliere violentemente ad altri quelle, che non converrebbe scavare nemmeno a coloro cui la natura l’ha benignamente donate. Se si conoscesse il vero e grandissimo valore d’un uomo, si vedrebbe quanto è gran pazzia e grave perdita distrugger uomini per conquistar metalli. Secondo il calcolo da me fatto di sopra, un uomo si può valutare per un capitale di milleduecento ducati almeno: un soldato poi, che è un uomo giovane ed in una etá la piú propria ad esser utile altrui, può valutarsi almeno duemila. Veggasi ora se una vena di metallo, che costi la perdita d’una battaglia, è a buon mercato o a prezzo caro comprata. Ma io fo male a voler ragionar di sí fatte cose. È ordine della natura che vi sieno le guerre, dovendo esservi il principio dí distruzione per potervi esser quello della nuova produzione; e, quando gli uomini non si disputeranno l’acquisto de’ corpi piú belli e luminosi, si contrasteranno i titoli, le preeminenze, i colori delle imprese, la forma de’ vestimenti e quanto nelle voci o nelle idee v’è di meno reale ed importante in natura. Meglio è dunque che io mi rivolga a dimostrare quanto sia piccolo utile tenere in esercizio la zecca, contro al consiglio di molti, che forse a darlo sono stati spinti da privato occulto interesse.

Per due fini suole esser consigliato che si zecchi nuova moneta: o per guadagnarvi il principe, o per riempier di moneta lo Stato. De’ quali sentimenti l’uno è vile e l’altro è falso. E, volendo discorrer prima di quello, dico che ne’ secoli barbari, quando i sovrani, tralle loro piccole e disputate rendite, niuna ne aveano migliore della zecca, fosse questa per guadagno esercitata, era lodevole o almeno perdonabile; ma che a’ di nostri si siegua a pensare cosí, non può essere attribuito ad altro se non che a un moto, che, per una antica impressione datavi,