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capo primo | 237 |
di quelle etá, le fabbriche de’ quali e le altre opere magnifiche e stupende mostrano quanto potessero piú di noi. E sará sempre piú ricco il principe, che non riduce tutto in denaro il suo avere, come è piú ricco quel privato, che, vivendo in mezzo alle sue fattorie, non compra tutto, di quel ch’ei sarebbe, se, vivendone lontano, ne traesse solo denaro, e ciò, che gli bisogna, l’avesse poi a comprar col contante.
V. La brevitá delle liti e la sicurezza delle convenzioni scritte. Forse meritava questa d’essere numerata come prima.
VI. La libertá del denaro e i pochi vincoli di legge. Quel terreno, su cui sono inestricabili inviluppi di censi, di fedecommessi, di doti, di legittime, d’ipoteche e di debiti anteriori, è impossibile che sia ben coltivato. Né può esser venduto, non essendo sicuro il denaro al compratore. E quanto sia gran danno esser le terre inculte, l’ho replicato bastantemente.
È errore adunque credere che i torbidi d’un fòro cavilloso e disordinato possano conferire al bene d’uno Stato, dando movimento alle ricchezze e facendo sorgere ogni di nuove famiglie. Non nego esser vero che i litigi non solo non generano ristagnamento, ma danno moto impetuosissimo agli averi, come quelli che, invece di far passar le ricchezze da’ possedenti a’ pretensori, le trasportano da tutti e due agli avvocati; i quali, stanchi per non trovare ove impiegarle sicuramente, le spendono tutte prodigamente, dissipandole tra ’l minuto popolo; da cui appena raccolte, sono di nuovo dagli avvocati ingoiate, e cosí perpetuamente raggirate da capo. Né le liti cagionano universale povertá. Ma è da confessarsi, nel tempo stesso, ch’esse rendono amarissima e crucciosa la vita, e consumano un tempo ed una applicazione, che potrebbe esser lucrosissima, se tutta si consecrasse a moltiplicare la vera quantitá delle ricchezze, non a cambiar la mano del possessore.
E, per quanto s’appartiene al corso della moneta nel Regno di Napoli, sebbene io abbia destinato altrove scriverne, pure voglio qui dire come in esso sono due creduti gravissimi mali: la sproporzionata grandezza della capitale e la sproporzionata grandezza del tribunale. Le quali due cose meglio si direbbe