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230 libro quarto


e i piccoli bottegai rigirano il loro denaro. Pure egli dá a tutti compartitamente la ventesima parte del profitto annuo in denaro contante, che sempre resti loro in mano.

De’ consumatori, il numero de’ quali è il maggiore, non fa computo nessuno, essendo impossibile farlo e non abbagliare. Per altro, nemmeno il fin qui fatto è molto sicuro, essendovi moltissimi che riuniscono in loro stessi piú d’una classe, trovandosi insieme padroni di terre, negozianti e consumatori. Delle donne poi, degli ecclesiastici, de’ ministri e d’infiniti altri stati non si può far calcolo dietro a queste tracce, come nemmeno de’ dazi pubblici e del corso che vi fa la moneta. Ma le riflessioni, che Giovanni Locke fa sullo stato dell’Inghilterra d’allora, sono utili e giudiziose assai, e saranno da me appresso rapportate.

Voglio io intanto mostrar la maniera con cui mi pare si possa conoscere quando un regno ha bastante moneta e quando no, esaminando questo di Napoli. In esso si può credere, per quella notizia migliore che se n’ha, esservi poco meno d’un milione e mezzo di ducati in moneta di rame, quasi sei milioni d’argento e dieci, al piú, d’oro, compreso anche quel denaro che è ne’ banchi e che non eccede tre milioni di ducati.

Dovendo tal denaro servire al commercio di tutte le merci che vi si consumano, conviene ora tentare di sapere quante queste sieno, per vedere se possano esser mosse da soli diciotto milioni di ducati. Il cavalier Petty, inglese, ha calcolata quasi la medesima cosa appunto; e poi un altro scrittore dell’istessa nazione, poco tempo fa, volendo dimostrare che i debiti dello Stato non erano cosí grandi come parevano, ha sommato il valore dell’Inghilterra assai ingegnosamente, sebbene con operazione lunghissima. Il di lui metodo io non m’arrischio a seguire, ancorché io conosca esserne vera la conseguenza; mentre di questa nazione, siccome il valore nell’operare trabocca in temeritá, cosí l’acutezza del pensare si distacca spesso dalla veritá, tenendo dietro all’astruso ed allo strano. A me pare esservi una via accorciatoia, che, quando anche non mi guidasse all’esatto vero, il che sempre sarebbe diffícile, mi guida dentro