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capo primo 17


Ma, per dire alcuna cosa piú particolare della storia della moneta fra i romani, è da sapersí che Roma non ebbe in prima altra moneta che di rame, da Servio Tullio battuta e «pecunia» chiamata. Non che la moneta d’oro e d’argento non conoscessero, ma questa non era propria, e l’aveano da’ vicini etrusci, popolo potente, culto, industrioso e, senza dubbio alcuno, d’Oriente venuto. Nell’anno quattrocentottantaquattro dalla sua fondazione fu coniata la prima moneta d’argento, e sessantadue anni dopo quella d’oro. Intanto nelle calamitá, che nelle guerre puniche ebbe la repubblica, fu il prezzo del rame con istraordinarie mutazioni variato tanto, che «as» si chiamò una porzione di rame, che solo alla ventiquattresima parte dell’antico corrispondeva. Grandissima mutazione invero, se ella fusse stata cosí nelle cose come fu nelle parole: ma le merci, non mutato il valore intrinseco, secondo la variazione de’ nomi nel prezzo si variarono. Anche il valore dell’argento riguardo al rame fu grandemente cambiato. Dopo queste mutazioni, poche piú ne fecero i romani, e solo gl’imperatori che furono dopo Pertinace nella bontá de’ carati, senza ordine e regola, andarono corrompendo la moneta.

Ma, dappoichè, per la mutazione degli antichi costumi ed opinioni, cominciò l’imperio romano dalla sua grandezza e virtú a declinare, si vide a poco a poco diminuire l’abbondanza dell’oro e dell’argento. Perchè i barbari non piú col ferro e colla forza erano respinti, ma coll’oro e co’ tributi dalle terre romane si teneano lontani. Cosí questi metalli nelle vaste settentrionali regioni si spargevano, e, dissipandovisi, erano consumati. E molto piú scemò l’abbondanza, quando, avendo i barbari inondato e guasto l’imperio, nelle sovversioni delle cittá e ne’ saccheggi restò molto metallo sotterra sepolto, molto se ne distrusse e disperse, nè col commercio, giá interrotto ed estinto, si potè ripigliare. Quindi ne’ secoli nono e decimo, in cui, dopo il gran periodo, tornarono le nostre province in quello stesso stato di rozzezza e povertá, in cui ne’ tempi vicini al diluvio erano state, la raritá dell’oro di nuovo divenne grandissima, ed il valore delle cose parve per conseguenza bassissimo.

GALIANI, Della moneta. 2