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capo quarto 221


aveano fatta cosa simile, era stato in tempo di gravi guerre e d’estremi bisogni, né mai aveano fatto alzamento si grande, ed aveano sempre promesso ed osservato, ritornata la pace, rivocarlo. Ma che in mezzo ad una profonda pace, dopo la stanchezza di una guerra crudelissima e perigliosa, era colpo troppo acerbo e crudele.

A si fatto discorso, a cui non détte risposta il duca d’Orléans, io credo ch’egli avrebbe potuto rispondere cosi. Che i popoli restino privi di molte comoditá, lo sappiamo e ce ne duole; ma d’un debito di tanti milioni neppur una lira n’abbiamo noi contratta, e tutto conviene ad ogni costo estinguerlo e liberare lo Stato da tanti biglietti discreditati. Che lo spaccio sará minore, lo crediamo; ma da ciò speriamo che piú mercanzie s’abbiano da estrarre, e che le stoffe, e non gli artefici, andranno fuori e rimanderanno in Francia quel denaro che dalle guerre è stato asciugato. Se le gabelle scemano per lo minore consumo, crescono le dogane per la maggiore estrazione. Se i nostri predecessori han fatto alcun alzamento, è segno ch’ei può farsi, e non sempre doversene pentire. S’essi l’han fatto in mezzo a gravi guerre, noi lo facciamo alla fine d’una di cui non ha avuta mai la Francia la maggiore; ed abbiamo aspettata la pace, sí perché Luigi decimoquarto non ha avuto cuore nella sua cadente etá di curar piaghe cosí profonde, sí perché la convalescenza e la buona stagione sono piú proprie alle forti medicine. Con tante centinaia di milioni di cattivi biglietti, volersi riposare e goder la pace è pazzia. Voler aver promessa che l’alzamento, che si fa sará disfatto, è pernicioso desiderio d’una cosa manifestamente cattiva.

Tutte le opposizioni sopraddette nascevano dall’ignoranza di questa veritá: che, a voler escludere un rimedio plausibile d’un male doloroso, bisogna produrne un migliore; perché il popolo, quando si duole del presente stato, siegue sempre i nuovi consigli, sperando migliorare. Perciò non fu, come uno scrittore disse1, fatale alla Francia che il parlamento non

  1. L’autore della Vita del duca d’Orléans, da cui tutti questi avvenimenti sono diffusamente narrati.