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capo terzo 201

IV

danni falsi del popolo

L’alzamento non è dazio, e, quando anche lo fosse, non sempre è perciò biasimevole — L’alzamento non impoverisce uno Stato — Il rincarar le merci proprie non nuoce — Il rincarar le straniere giova — Il commercio non s’interrompe.

Dirò ora brevemente de’ danni che si dicono venire al popolo dall’alzamento, mentre a lungo ne disputerò nel capo seguente. In primo si vuole che sia un dazio; il che è impropriamente detto, perciocché i dazi sono uno smembramento delle ricchezze di molti concittadini, che, unite, compongono quella che è detta «forza dello Stato». I biglietti regi sono uno sforzo fatto dallo Stato sopra la somma de’ dazi, e sono perciò un dazio anticipatamente preso. L’alzamento è un fallimento di questo debito. Sicché egli non è dazio, ma un rimedio per non accrescerne, e pagare nel tempo stesso quei debiti, o sia quell’uso di forze non reali, tempo prima fatto. Conviene perciò affliggersi de’ debiti contratti per spese esorbitanti, non della estinzione di essi, che ad ogni costo si ha da fare e che coll’alzamento si ottiene.

E che l’alzamento non sia dazio, siegue da quell’istesso, che tali scrittori predicono al principe che le sue rendite sbasseranno. Or non si può udir cosa piú sciocca: che sia dazio ciò che scema i dazi. Né giova dire che ciò è in due tempi diversi, essendocché l’alzamento in sulla prima è in danno del popolo e poi del re; mentre qual è quel popolo a cui per un perpetuo sollievo non basti l’animo di tollerare un momentaneo dolore?