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192 libro terzo


questi scrittori, che oppongono scioccamente l’uno all’altro, ed a’ principi talora han soluto scelleratamente dare il nome di «lupi». Ora, venendo al proposito, io non so capire come in tal linguaggio possa esservi statuto, che impoverisca il principe, impoverisca il popolo e non mandi danaro fuori. È dimostrato che l’alzamento, quando non contiene falsa proporzione, non produce stravasamento di denaro: se dunque, come essi dicono, l’alzamento è calamitoso al popolo ed al sovrano, il denaro ove va? Sarebbe egli mai questo quell’annientarsi, a cui repugna l’ordine della natura? Essi chiamano «bene del sovrano» l’arricchirsi di quanto si toglie a’ sudditi, e ciò dicono cagionarsi dall’alzamento: soggiungono che il principe non s’arricchisce. Dunque né egli ha bene, né il suddito ha male: se perde in un tempo, si rinfranca nell’altro. Dunque, alla peggio, l’alzamento non è altro che infruttuoso, o, se egli è dannoso al sovrano, è utile al popolo suo, cui scema il pagamento. E certo, se le rendite pubbliche altro non sono che i tributi, scemarsi queste vuol dire alleggerirsi i tributi. E si può dir cosa piú strana che si ribellino i popoli, che si dolgano gli scrittori ed insultino il sovrano, per essersi alleggeriti i dazi da lui? Né è vero che le rendite de’ sudditi non crescano, mentre essi stessi dicono che i prezzi delle cose rincarano, e i venditori sono sudditi. Si può udire cosa piú incredibile che un suddito prenda tanta cura, faccia tanto schiamazzo, perché il sovrano gli diminuisce il dazio? Io credo non esservi esempio d’uno zelo di sudditi cosi singolare.

Ma, rivolgendoci per l’altra parte, si può dire piú atroce ingiuria ad un principe virtuoso che chiamar suo danno la diminuzione delle sue rendite, cioè de’ tributi del popolo, a lui cosí caro? E qual altra cura maggiore ha un principe giusto che quella di diminuire sempre ed impiccolire le sue rendite, togliendo i pesi pubblici? E, se egli nol fa sempre, è perché le sue spese sono necessarie troppo al bene dello Stato. Sempre però mal ragiona chi crede essere utilitá del principe sostenere i medesimi tributi, non che l’andargli sempre accrescendo. La misura dell’utilitá del principe è l’utilitá del suo popolo; e,