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182 | libro terzo |
ferita, o sia fatta dal fortuito cader d’un sasso, o ricevuta combattendo virtuosamente per la patria, o data perfidamente da un traditore: né il castigo del reo ha che far niente colle medicine.
È costante opinione che i mali della moneta in Roma sieno nati da una sproporzione fatta nell’argento; e perciò molti s’aspetteranno che io qui ne ragioni. Ma io, oltre all’essere poco informato dello stato di quelle cose ed al credere che in Roma sieno uomini piú che altrove sapientissimi, come quelli che coll’etá e colla sofferenza hanno lungamente combattute le stranezze della fortuna e fatta rendere giustizia al merito, porto opinione che que’ mali non provengano se non in piccola parte da’ difetti intrinseci delle monete, ma che sieno una complicazione di leggieri acciacchi, quale si vede essere ne’ corpi degli uomini per lunga etá inclinati ed infiacchiti. E, siccome i vecchi contano con ragione quasi morbo grave il solo numero degli anni, cosí non è giusto (come tanti villanamente fanno) incolpare la prudenza de’ superiori, se non possono contrastare a quell’ordine di vicende, che la provvidenza ha stabilite e fermate.
Nel nostro Regno sonosi fatte mutazioni di prezzo all’oro straniero, piú per aggiustarlo al vero che per discostarsene. Vero è che le doppie di Spagna e gli ungheri, per essere stati valutati sproporzionatamente, non ci sono stati piú recati, e solo abbondiamo di zecchini. Qual ragione abbia causata tale determinazione, non può essere noto a me, che non sono stato presente a’ consigli tenutivi. Sento da molti e leggo anche scritto ciò essere avvenuto per poco avvertire; ma mi sembra cosa ardita assai voler credere inavvertenza lá dove si vede essere senno e prudenza grandissima e maturitá di consiglio. Forse si sará fatto per escludere e tener lontana tanta varietá di monete straniere. È questo ottimo desiderio: il mezzo presovi è sicuro, e non ce ne siamo trovati male; e pare che ad arte si sia voluta avere abbondanza di zecchini e di fiorini, monete sopra l’altre pregevoli e perfette.
All’argento non si è fatta mutazione dal 1691 in qua, quando con un editto quelle monete, che valeano cento grana, furono