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180 libro terzo


sia, sempre rimane; e, quando anche è valutato piú del giusto, mai non perviene ad aver forze da luttar coll’argento e coll’oro. Questi due metalli poi sono quasi eguali in forze: solo l’oro è piú agile ad andare e a tornare.

II. La cattiva moneta caccia via la buona; e perciò bisogna amare l’infedeltá di quella che fugge, non la fede di quella che resta; e que’ principati, ne’ quali si è corrotta la moneta con molta lega, per farne aver abbondanza e che resti, han fatto come colui che piantò frutta silvestri e amare nel suo giardino, per non vedersene rubare.

III. La sproporzione tra due sorti di monete dello stesso metallo è piú perniciosa che tra un metallo e l’altro. Questa nuoce per lo danno, che i convicini acquistano comoditá di fare; quella dá modo e agli stranieri e a’ cittadini di guadagnare nocendo.

IV. Non v’è utilitá alcuna dell’alzamento particolare, che io chiamo «sproporzione», la quale non sia maggiore nell’alzamento totale; ma i danni sono incomparabilmente piú gravi. La prima parte di questa sentenza è manifesta: rimane a provar l’altra. L’alzamento di una parte congela o fa dileguare l’altra parte e dissangua cosí lo Stato; ma il generale non fa intoppo a’ movimenti della moneta. L’alzamento generale è un guadagno fatto dal principe sui creditori, cioè sulla gente piú agiata; la sproporzione è un dono imprudentemente fatto agli stranieri o a’ sudditi accorti, maliziosi e ricchi, delle sustanze degl’innocenti, de’ semplici e de’ meschini. S’è fatto l’alzamento in molti principati e, senza medicarsi (come fu nell’antica Roma), non ha nociuto: la sproporzione, finché non s’è raggiustata, ha sempre offeso. N’è d’esempio la Fiandra austriaca, la Spagna nel secolo passato e l’Irlanda, e soprattutto la Francia nella pubblicazione de’ «quattro soldi», fatta nel 1674: di che ragionando, Giovanni Locke considera che non giovò l’accortezza del governo in aver loro dato corso nelle province interiori a quindici per scudo, e ne’ porti di mare a venti, per non ne far venire de’ contraffatti di fuori, che pure convenne screditargli subito. Né giova sperare in sulle proibizioni d’estrarre o d’introdurre;