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capo secondo 177


all’antica, e non bisogna che ne resti molta, che possa col contrasto nuocere e cacciar via la nuova; o se le vuol togliere, e la nuova ha da esser tanta, che riempia le vene del commercio, per non voler che questo languisca. L’aiutarsi con polizze è buono, ma non basta a viver tranquillamente; e sempre s’ha d’avere in mente che ogni rimedio, che differisce il male, lo fa maggiore, e dal tempo, su cui tanto gli uomini infingardi e sciocchi si fidano, non è da attender altro che la cancrena.

Ora voglio avvertire l’altro errore che prese il Cardinal Zapatta, appena ch’egli entrò al governo di Napoli nel 1621. Vedendo che il ricusarsi le monete mozze incariva i prezzi, disturbava le compre e facea perir di fame col danaro alla mano la povera plebe, pensò, per far ch’esse corressero liberamente, dar mallevarla per loro, promettendo «sotto la fede e parola regia» che nella futura abolizione delle zannette il danno non sarebbe stato de’ privati. In men che non balena fu tosata alla peggio quella moneta che restava ancora tollerabile, e non potea non esser questo danno de’ privati, sempre che si dovea soddisfare con un dazio esatto sopra di loro. Perciò a ragione fu egli di cosí imprudente promessa acremente ripreso dal sovrano.

Mi pare aver detto abbastanza del tosamento. Della falsificazione, essendo e negli effetti e ne’ rimedi simile all’altro male, non istinto opportuno replicar le medesime cose, potendo fare il lettore quella mutazione di voci, che non fo io. E questo è quanto s’appartiene alle colpe de’ sudditi, che offendono la moneta.

Possono anche i popoli confinanti nuocere alle monete d’uno Stato, falsandole o ritagliandole; né v’è altro rimedio che chiederne il castigo al loro sovrano. I genovesi nel secolo passato, insieme con altre nazioni, riempirono lo Stato del gran signore di aspri piú belli e lucenti degli ordinari, e perciò piú graditi, ma quasi tutti di troppo basso metallo. L’incuria de’ turchi lasciò corrergli un pezzo senza avvertirsene: accortisene, gli vietarono, e della perdita, che a un di presso sommarono poter aver fatta lo Stato, si rifecero sequestrando ed occupando