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capo secondo 175


possa dare. Concorreranno a gara tutti a cambiare, ma pure due terzi della massa totale non potranno in pochi giorni essere asciugati tutti. Di quell’argento intanto, che si ritrae, senza perdita alcuna di tempo si ha da battere il restante, e con eguale velocitá nettare tutta la moneta malconcia, e ritirare quelle cedole di credito, se mai alcuna n’è convenuta fare, quando in alcun luogo non vi fosse stata piú moneta nuova da commutare. Con ammirabile sapienza fu questa operazione fatta dal conte di Santostefano, successore del marchese del Carpio, fra noi, l’anno 1689; ed ella è certamente di tutte la migliore, contenendo tutti i risparmi possibili e niun patimento.

Bisogna, lo replico di nuovo, proibir tutta la vecchia, a non voler far peggio, come lo provammo nel 1609. Il come di Lemos con una prammatica ordinò che le monete grosse tosate non dovessero aver piú corso, e, mosso da una falsa apparenza di necessitá, lasciò che corressero le zannette e le cinquine, monete basse d’argento, le quali erano peggio assai ridotte che le altre. La zecca, adunque, e i banchi, a chi vi portava moneta grossa tosata, cominciarono a dare monete piccole, assai piú tosate e cattive. In quattro giorni il popolo era quasi sollevato; onde fu d’uopo che la prammatica de’ 9 giugno con un’altra de’ 12 fosse rivocata, e stabilito che tutte le monete corressero a peso. Fu questo consiglio men cattivo del primo, ma neppur buono, perché non distoglie i malvagi dal ritagliare: mentre, o hanno a dar le monete a peso, e non ci hanno perdita, restando loro in mano quel che ne scemano; o non le dánno a peso, come accade nelle piccole somme, e vi guadagnano.

Quando lo Stato non ha credito né potere bastante da sostenere spese cosí grosse subitanee, molti hanno costumato battere una gran quantitá di moneta nuova senza toglier il corso all’antica; ma, con lasciarla apprezzare a peso, hanno aspettato pazientemente e data libertá che ognuno, che lo volesse fare, andasse alla zecca a mutare l’antica con la nuova. Ma questo non si ha da tentar mai, senza una certezza grandissima d’avere spenti i tosatori; perché, sulla speranza di cambiar la guasta con la buona, si accresce il ritagliamento: si soggiace inoltre