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capo primo 165


e si può vedere che sin da antichissimi secoli ella è stata alle volte quasi eguale alla presente.

Una tanta costanza ha fatto che diffícilmente siasi errato in definirla con legge. E ne’ tempi antichi lo sbagliarla non importava di molto; perché, essendo i popoli convicini barbari, rozzi e privi d’ogni commercio, non poteano assorbir la buona moneta e render la cattiva; e perciò quell’autoritá, che i romani ebbero sulle monete, non la può oggi usare alcun principe senza suo danno. Questo ha fatto che io consigliassi tanta oculatezza nel porre la proporzion tra le monete di vario metallo; perché, in quanto a quelle d’un metallo, basta farle di simile bontá ed apprezzarle secondo il peso. Entrerò ora a dire della mutazione di proporzione in vari modi fatta. Poi dirò dell’alzamento, il quale altro non è che un mutare l’idea antica di qualche suono di voce, facendo, per esempio, che si chiami «ducato» non piú un’oncia, un trappeso e quindici acini d’argento, ma quattrocentonovantadue acini e mezzo d’argento; e, siccome si mutano nel tempo stesso anche le idee de’ nomi delle monete d’oro, cosí non s’induce tra loro sproporzione, ma solo col rame e colle monete immaginarie usate al conto, che è quanto dire co’ prezzi delle merci. La grandezza e la varietá degli argomenti non mi lasceranno esser breve, quantunque io sia per essere, il piú che potrò, stretto nel dire e conciso.