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138 | libro secondo |
della Corte delle monete, fece nel 1617 per escludere l’invenzione del torchio che oggi usasi, la quale da Nicola Briot, suo inventore, era proposta, e fu poi portata in Inghilterra ad eseguire. In questo capo, che è certamente il piú bello di tutta quella giudiziosa operetta, v’è il carattere degli uomini simili al Poulain con tale e tanta grazia e con pennellate si vive dipinto, ch’ei merita d’essere da ciascuno appreso a mente e, nella condotta della sua vita, ai suggetti viventi, che pur troppo abbondano, comparato.
I vantaggi del torchio numerati dal Locke, tutti verissimi, sono:
I. La maggiore ugualitá nel peso delle monete; perché non si fondono ad una ad una, ma in lastre, che poi si tagliano in tanti pezzi rotondi, i quali, prima di coniarsi, si pesano e si raggiustano.
II. Liberarci dal timore delle falsificazioni. Nell’antica maniera un uomo solo conduceva l’intiera operazione, ed i conii, o sia punzoni, da lui solo erano percossi: quindi non era difficile che altri in sua casa nascostamente imitasse il conio del sovrano. Oggi sarebbe di mestieri che uno avesse in sua casa tutto quel gravosissimo torchio: altrimenti la diversitá dell’impronto discuoprirá la frode. Si possono imprimere anche gli orli, come nell’ultime nostre monete d’oro s’è fatto: il che libera dal timore del risegamento.
III. Il tempo, la spesa, gli operai sono minori; la bellezza delle monete incomparabilmente maggiore.
Del conio s’è detto assai. Tempo è di ragionar della lega che nel metallo si mette, come si dirá nel seguente capo.