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116 | libro secondo |
disfare. Ed egli è cosa non meno evidente che confirmata dalla storia che può una cosa da tutti tenuta per cattiva aver quel medesimo corso che s’ella si tenesse per buona, fintanto che dura un comune inganno, per cui ognuno speri che il suo vicino non la ricuserá; e dura questo corso finché un avvenimento nuovo, scoprendo a ciascuno il viso dell’altro, non gli disinganni tutti in un tempo, e dia loro piú timore del cattivo, che prendono, che speranza di poterlo ad altri trapassare. I biglietti di Stato, poi que’ del banco reale di Francia e le azioni in Inghilterra furono, non ha molti anni, un esempio chiaro di questo. Sicché non è strano che corrano fra noi sí fatte monete di rame.
Ora, a voler discorrere se si convenga o no batterne della nuova, e come e in che quantitá, io porto opinione che gioverebbe batterne e darle un prezzo qualche poco maggiore dell’intrinseco suo; ma di questa nuova moneta se n’avrebbe a coniare un poco per volta, e non piú.
Mi si farebbe torto a dirmi che sia cosa animosa trattare di questa materia, di cui non mostro far professione: poiché non può essere di nocumento allo Stato occupare colle parole un grado che molti, meno di me esperti, potrebbero coll’opere occupare; e gli errori, ch’io facessi scrivendo, possono essere senza danno corretti, ma quelli, i quali son fatti operando, non possono essere se non colla rovina dello Stato conosciuti.
Venendo dunque a dimostrare quello che ho profferito, quanto al primo, ognuno, che sa che le cose mortali altra stabilitá non hanno che nel rinnovarsi, conoscerá benissimo che, perdendosi ogni dì per molti accidenti le monete, ed altre struggendosi troppo con l’uso, per non restarne senza, conviene che si rinnuovino. Né è men chiaro che non si abbia da attendere il bisogno preciso, mentre quel male, che si può riparare, non bisogna lasciarlo venire per medicarlo; ed è troppo gran differenza tra ’l sostenere una spesa annua di diecimila ducati, per esempio, e il doverne fare in un solo anno una d’un mezzo milione.
Ma, quanto alla seconda parte, parmi giá di sentir molti, che, ripieni ed ubbriachi d’una certa fede e giustizia, mi grideranno ch’io ho mal consigliato il principe a volergli far dare un valore