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capo secondo 99


che sieno da anteporsi le ville di quelle regioni a Napoli e a Roma; poiché, comunque si dica, resta sempre Roma mezza proporzionale tra Napoli e gli Abruzzi. E pure l’errore di costoro è diffuso tanto, che anche negli animi de’ piú intendenti si nutre: non diverso molto da quello d’ammirare in Roma l’abbondanza de’ latticini, de’ carcioffí e della cacciagione, quasi i prati inculti, i frutti delle spine e gli animali delle boscaglie facessero onore alle campagne d’una capitale.

Bisogna dunque conchiudere, per contrario, che il maggior valore delle cose è la scorta piú sicura per conoscere ove sieno le maggiori ricchezze; e, poiché queste le recano gli uomini secoloro, e gli uomini vanno ove meglio si vive, cosí si può riconoscere ove sia il miglior governo e la di lui figliuola, la felicitá. È pregio adunque per Londra e Parigi che ivi tutto vada piú caro, e queste cittá non diminuiscono per ciò. È pregio questo, che dimostra il nostro secolo migliore de’ passati.

Ma, a voler discoprire onde provenga questo comune inganno, riguardisí che ogni calamitá fa incarire il prezzo alle cose; ma con questa differenza, che l’uno incarimento asciuga il denaro tutto d’un luogo, l’altro l’accresce. La ragione è che nelle calamitá (le quali tutte non sono altro che la mancanza delle produzioni natie) un paese piú prende che non dá, e il denaro perciò va via: nelle prosperitá la maggiore industria fa entrar danaro, ed è utile allora il prezzo caro, perché piú danaro viene. Così le manifatture d’Inghilterra, per la loro perfezione essendo da tutti a gara comprate, tirano in Inghilterra il danaro. Or, se lá si vivesse con meno spesa, elleno valerebbero meno, e meno danaro attirerebbero. Dunque è bene che in Inghilterra si viva caro.

A voler ora discernere l’incarire delle calamitá da quello della prosperitá, che è conoscenza utilissima a chi governa, eccone i segni.

L’incarimento prodotto dalla carestia è di corta durata e vien seguito da un grande avvilimento: quello della prosperitá va aumentando sempre e dura. La ragione di questo è che negli anni, in cui la guerra o la peste o l’intemperie delle stagioni toglie la raccolta, il numero de’ venditori scema in paragone