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70 del ravizzone e del colzat.

vizzone; il prodotto è però sempre inferiore a quello che si ottiene da un’apposita coltivazione.

In Italia poi non è conveniente l’uso dei paesi più settentrionali di seminare il ravizzone in primavera, perchè ha minor tempo di tallire, e di ramificare, e perchè occuperebbe il terreno per tutto il tempo utile alla vegetazione, impedendo così un secondo prodotto.

Il ravizzone va soggetto ad essere devastato nelle foglie da una specie di afidi, detti pulci, e dalla larva d’una varietà di falena cavolaja. Per ovviare ai danni, talvolta gravissimi, di questi insetti, giovano le aspersioni con decotto di tabacco, o cenere, e, come alcuni assicurano, col frammischiare al ravizzone alcune piante di stramonio, le quali colle loro emanazioni narcotiche vuolsi che allontanino gli insetti. Al momento poi della fioritura il danno può venire da una specie di caruga, nera, pelosa, che attaccandosi al fiore, ne distrugge l’ovario, destinato a formare il futuro bacello o siliqua. Questa è la stessa che intacca anche la spiga della segale al momento della fioritura, e che per conseguenza non devasta il ravizzone se non quando fiorisce più tardi della metà di aprile, ch’è l’epoca ordinaria.

§ 815. Il raccolto del ravizzone, come pure più tardi quello del colzat, si fa quando le silique acquistano un color gialliccio, e che le foglie sono ingiallite od interamente cadute, ma non si aspetta che la pianta sia interamente disseccata. Per conservare il fusto allo scopo di formarne bosco pei bigatti, si costuma estirpare le piante a mano, e non tagliarle, anche per iscuotere il meno che sia possibile le silique, le quali facilmente perderebbero i semi; e per la stessa cagione si suole estirpare al mattino quando sono ancor bagnate dalla rugiada, o tardi verso sera, od in giornata nuvolosa, evitando sempre le ore calde, soleggiate e con vento.

Raccolte le piante in piccoli fascetti, si portano in luogo arioso e coperto, acciò il seme maturi completamente, non essendo conveniente, come già dissi, lasciarle essicare nel campo. Quando la pianta e le silique sono ben secche, si battono leggermente con un bastoncello per estrarne i semi, i quali con facilità escono dalle silique. I fusti che non sono infranti, si fanno in fasci e si ripongono e si conservano allo scopo che più volte ho ripetuto. Il seme si ventila sull’aja, e vi si lascia stagionare una o due giornate, indi si passa al crivello per mondarlo, e si ripone in granajo.