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dell’uva. 253


Il gelo che arrivi d’autunno prima della maturanza dell’uva è dannoso perchè arresta la vegetazione; se all’incontro l’uva è matura gli riesce vantaggioso. In quanto ai tralci, soffriranno pel gelo quelli che fossero ancora in vegetazione, e quelli il cui legno non fosse abbastanza consolidato. Il gelo jemale talvolta può far perire l’intiero gambo fino alle radici, ma nelle viti a spalliera questo fatto è raro, perchè sono in condizioni da risentir meno il freddo, e di mantenersi asciutte. Tutt’al più un poco di foglie secche o di concime grossolano da stalla sparso al piede, per 1m,50 di lontananza dal muro, basta a preservare le radici dal freddo più rigoroso. Dannosissimo all’incontro è il gelo di primavera, ed irreparabile per le viti coltivate all’aperto quando arrivi in momento che abbiano di già germogliato. Nella spalliera invece le viti sono in parte difese dalla piccola tettoja sporgente, ed in parte dal calor ricevuto e tramandato dal muro, il quale impedisce l’abbassamento forte di temperatura. Le spalliere formate con viti di precoce vegetazione possono essere difese ancor meglio da tele appese e stirate sul davanti, le quali s’oppongono ad una corrente troppo forte di aria, ed al primo vibrare dei raggi solari.

Le piogge fredde e continuate, al momento che i germogli mettono i grappoli, sono funestissime, poichè gran parte di questi scompare e si converte in viticci. Di grave danno sono pure le piogge prolungate e fredde, o le nebbie durante la fioritura, o poco dopo lo sviluppo degli acini, i quali facilmente si macchiano in nero, intristiscono, disseccano e cadono. Le piogge troppo frequenti nell’estate ritardano la maturanza, e quelle d’autunno rendono l’uva troppo acquosa, insipida e facile a screpolare e marcire. Le viti a spalliera però riescono meno danneggiate da queste cause sfavorevoli, che non quelle coltivate all’aperto. — Il vento poi arreca maggior guasto alla vite in spalliera, che a quella posta all’aperto, poichè può svellere alcuno di quei germogli che voglionsi conservare per l’anno successivo, per il che è cosa importantissima il legarli attentamente mano mano che si sviluppano.

Fra le malattie che affliggono la vite, ve n’ha una detta il crepaccio, la quale si appalesa con fenditure che comprendono tutta la corteccia mettendo a nudo il legno. Finora non si sa come rimediarvi, e sembra una malattia particolare ad alcune varietà; epperò val meglio cambiare affatto il gambo coll’innesto fatto sotto terra.