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234 dell’uva.

ciò convertite. Per tavola, ossia pel consumo allo stato fresco, richiedonsi uve primaticcie, e d’un sapor aggradevole, il quale non è dovuto tanto alla quantità di zucchero contenuto, quanto ad un aroma speciale e sensibile immediatamente al palato. Epperò ben si vede che la precocità è già un indizio per giudicare che l’uva contiene minor quantità di zucchero, in confronto di altra più tardiva. E l’aroma del vino, od etere enantico, si sviluppa durante la fermentazione, e non è palese nel frutto fresco: che anzi l’aroma sensibile nell’uva avanti la fermentazione indurrebbe nel vino un sapore che, per quanto fosse aggradevole sulle prime, coll’uso finirebbe a nauseare.

Dalla destinazione adunque affatto distinta di queste viti, ben si può arguire che eziandio il metodo di coltura dovrà essere diverso, e perciò credetti di doverne parlare a parte. Così pure i limiti meteorologici assegnati alle viti da vino, non sono quelli della vite per uva, poichè questa ordinariamente si alleva in pergolati presso i muri ben esposti delle case o che cingono i giardini; circostanza per la quale una vite, che all’aperto non potrebbe maturare il frutto, potrà invece portare uva mangereccia collocata in simili circostanze.

§ 930. Le varietà più comunemente coltivate pel frutto fresco sono le seguenti, che io accennerò coi nomi usati nel Milanese. L’uva di Sant’Anna e l’uvadica, che sono bianche, la moscatella bianca o rossa, il moscatello di Spagna bianco e rosso, e la malvasia.

§ 931. La forma, ossia l’eguale e regolare distribuzione dei tralci, è una condizione indispensabile alla coltivazione della vite a spalliera addossata ai muri; e tutte le maniere di tendere le viti che noi già indicammo al § 503 non servono a tale scopo. Epperò, la forma generalmente adottata per la spalliera è quella a cordone orizzontale rappresentata dalla fig. 270, siccome quella che meglio si presta ad un’eguale distribuzione d’umore fra i tralci. Ciononpertanto a raggiungere questo risultato è necessario osservare alcune norme, cioè:

1.a Che i due bracci o cordoni (C) devono essere della medesima lunghezza, altrimenti il cordone più lungo attirerebbe a sè la massima parte dell’umore a scapito di quello più corto. La divisione dei gambo nei due cordoni deve farsi a quella stessa altezza cui voglionsi distendere orizzontalmente i detti cordoni. Le suddivisioni di ciascun cordone esigono fra loro una distanza non minore di 0m,20.