Pagina:Gaetano Cantoni - Fisiologia vegetale, 1860.djvu/193


191

mangono intieramente ricoperti. Si noti però che questi mozziconi essendo costituiti da legno morto, perchè rimasto allo scoperto, non possono riunirsi al nuovo strato legnoso, ed in circostanze opportune si staccano lasciando un foro. Così pure nessuna aderenza succede mai fra una parte qualunque dell’alburno privo di vita, ed il nuovo strato che poi arrivò a ricoprirlo, come succede nella parte superiore d’un tronco o d’un ramo, innestati a corona od a spacco. Quando però, in una ben fatta scalvatura, i rami si tagliano ben presso la loro base, le caviglie non esistono.

E non solo i chiodi e le caviglie di legno morto, rimanendo al posto nel quale sono conficcati o sono inserite, vengono ad infossarsi ed essere ricoperte all’ingiro dal nuovo deposito di alburno, ma anche le diramazioni vegetanti, che si dipartono dal tronco o da un ramo, s’infossano ogni anno maggiormente alla loro base nei nuovi strati legnosi del tronco o del ramo cui aderiscono. Fuorchè, trattandosi in quest’ultimo caso di parti vive che vengono a contatto, non si staccano, non lasciano fori, ma aderiscono tra di loro e formano un tutto unito. Facile infatti è l’osservare nelle asse, che comprendono tutta la larghezza d’un tronco o d’un ramo vecchio, i punti dai quali si dipartivano le diramazioni, e tanto più facile quanto più la loro inserzione sarà verso l’esterno. Verso l’interno, quando siano trascorsi molti anni, le cellule si confondono nell’aumentare ed indurirsi, la direzione delle fibre si confonde, e meno riconoscibile riesce il punto d’inserzione dei detti rami. Ancora meno facile è il distinguere il punto estremo, ossia il termine in altezza d’ogni vegetazione annuale in un albero dicotiledone, e sempre più difficile è il riscontrarlo quanto più l’albero sia vecchio. Insomma tanto nel legno giovane quanto nel vecchio meglio si scorge la direzione dei raggi midollari dal centro alla periferia, e dal basso