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CAPITOLO XVIII

Dove si tratta del reggimento della casa de' Trinci
e della cittá di Foligno.

     — O vano e rio e traditor Cupido,
nelle promesse iniquo ed infedele,
morto sia io, se piú di te mi fido!
     Che tu non se’ piatoso, ma crudele,
5e come falso il tosco amaro ascondi
nella dolcezza d’un poco di mèle.
     Perché, o falso e rio, non ti confondi
aver tradito me, che li miei passi
seguíto han dietro a’ tuoi sempre secondi?
     10e tra li scogli e tra li duri sassi
condotto m’hai, con tue promesse ladre,
tra lochi montuosi e lochi bassi?
     Non è venusta dea tua falsa madre;
anche è pellice obbrobriosa e sozza,
15nemica a tutte l’opere liggiadre.
     Io prego che la lingua gli sia mozza
a chi ti chiama e chiamerá mai dio;
ché chiunque il dice, mente per la strozza.—
     Quando queste invettive dicea io,
20una dea venne innante a mia presenza,
saggia ed onesta, coll’aspetto pio.
     «Io son nel ciel la quarta intelligenza—
avea nel manto e nella fronte scritto:—
Minerva manda me, dea di scienza».
     25E bench’io avessi el cuor cotanto afflitto,
quand’io la vidi presso me venire,
m’inginocchiai, ché prima stava io ritto.