E tu, Atlante, il ciel piú prestamente
movi coll’alte braccia e grandi e forti,
perché la notte giunga all’oriente.
O cerchio obliquo, che i pianeti porti, 140fa’ sí che entri il sole in Capricorno,
che sia la notte lunga e il dí raccorti,
acciò che tosto passi questo giorno
e venga Ionia, che venire aspetta,
quando sia notte, meco a far soggiorno. 145Io benedico il foco e la saetta,
o dio Cupido, col qual m’hai ferito;
e la tua madre ancor sia benedetta,
che, quando con Minerva insú er’ito,
per me avvocò ed ella mi ritorse; 150ed ella ha fatto ch’ancor t’ho seguíto.
E qui al suo reame ella mi scorse
ed hammi data Ionia, e che a me vegna
n’aggio speranza senza nessun forse,
e spero in te e ’n lei che mi sovvegna.—