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capitolo xvi 81

     ch’ognuna mi parea che senza invita,
solo al mirar e ad un picciol cenno,
30che nella vista sua mi dicesse:— Ita.—
     Poiché diversi balli quivi fenno
’nanti a Ciprigna con canti esquisiti
e misurati suon con arte e senno,
     io vidi dame e vidi ermafroditi,
35uomini e donne insieme, venir nudi,
ove natura vuol che sien vestiti.
     Al viso con le man mi feci scudi
per non vedergli; ond’ella:— Perché gli occhi
— mi disse— colle man cosí ti chiudi?—
     40Risposi a lei che gli atti turpi e sciocchi
e ciò che vuol natura che sia occolto,
enorme par che ’n pubblico s’adocchi.
     Ed ella a me:— Un luoco dista molto,
ove tengo mie ninfe tanto oneste,
45che, solo udendo amor, le arroscia il volto;
     talché, quando Diana fa sue feste
o va alla caccia tra luochi selvaggi,
spesso vuole che alcuna io gli ne preste.
     Li sta la ninfa, la qual voglio ch’aggi,
50la qual, perché non gissi, io ti mostrai
a lato a me tra gli splendenti raggi.—
     Partissi allora, ed io la seguitai
insino a quelle, e di tant’eccellenza
Natura ninfe non formò giammai.
     55Né Fiandra, né Roma, ovver Fiorenza,
né leggiadria giammai che di Francia esca,
mostrâro ninfe di tant’apparenza.
     D’una di quelle Amor mi fece l’ésca
ad ingannarmi, e fui preso sí come
60uccello o all’amo pesce che si pesca.
     Venere Ionia la chiamò per nome.
Allor dall’altre venne la donzella
con la grillanda su le bionde chiome.