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capitolo xv 77

     Tra quei meati e quelle rupi rotte
65diventa quel vapor sottile e raro,
quando di sopra al dí cresce la notte;
     ché, quando un loco a sé prende un contraro,
l’altro contraro prende un loco opposto,
e quanto posson tengon loco varo.
     70E però, quando è ito il fin d’agosto,
e che ’l dí manca e fassi qui il verno,
allor che il sole in bassi segni è posto,
     nelle caverne, ch’Eolo ha ’n governo,
s’inchiude il caldo. E di ciò dán certezza
75l’acque che stanno nell’alvo materno,
     che hanno il verno alquanto di caldezza,
come si vede e come appare al senso;
la state hanno sotterra piú freddezza.
     Sí che ’l vapor, in prima grosso e denso,
80convien che s’assuttigli e sparso cresca
il verno, riscaldato ovvero accenso.
     Però dall’arto loco cerca ond’esca:
cosí per le fissure e pori esala,
e ’l sole il tira insino all’aura fresca.
     85Lí ripercosso, poscia all’ingiú cala
e fassi vento, e, dove luna il tira
ovver Saturno, quivi move l’ala.
     Il vapor che rimane e che si aggira
nel ventre della terra, perché appieno
90non può uscir del loco, ond’egli spira,
     ritorna addietro in fondo giú nel seno
dell’alma terra; e però innanzi alquanto
che sia il tremoto, ogni vento vien meno.
     E poi ritorna e con impeto tanto,
95venendo insieme, la terra percote,
che la fa almen tremare in alcun canto.
     Questo è ’l tremoto, e voglio ch’ancor note
che ’l vapor caldo inchiuso ha tal valore,
che nulla cosa ritener il puote.