Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/81

CAPITOLO XV

Come l'autore trova una ninfa di Cerere, chiamata Panfia,
la quale gli conta il reame di Eolo, dio delli venti.

     L’amor con la speranza è sí soave,
che fa parer altrui dolce e leggera
la cosa faticosa e da sé grave;
     ché sempre mai, quando l’animo spera
5aver il premio della sua fatica,
piglia l’impresa con la lieta ciera.
     Questa tra spine e tra pungente ortica
menava lieto me per duro calle:
tanto quella promessa a me fu amica;
     10quando vidi una ninfa in una valle,
che cogliea fiori, e suoi biondi capelli
di color d’oro avea sparsi alle spalle.
     — A quella che lí coglie i fiori belli
— diss’io a Venus— volentieri irei,
15se piace a te che alquanto gli favelli.—
     La dea consentí ai desii miei;
ond’io andai, e, quando gli fui appresso,
queste parole dirizzai a lei:
     — O ninfa bella, mentre a me è concesso
20ch’io parli teco, prego, a me rispondi:
chi se’ e questo loco a chi è commesso?—
     Allor, rispersa de’ capelli biondi,
inver’ di me alzò la lieta testa,
e poi rispose con gli occhi giocondi:
     2525— Eolo regna qui ’n questa foresta,
che regge i venti ed halli tutti quanti
sotto il suo freno e sotto sua potèsta;