Cupido, in questo, superbo ed altèro
vidi venir volando, e mai uccello 30corse alla preda sí ratto e leggero.
Ed a Vulcan:— Ritorna a Mongibello,
sciancato, storto e dal ciel messo in bando:
ritorna alla fucina ed al martello.
Il dardo orato mio, il qual io mando, 35tu proverai; e, se ti giunge addosso,
tu griderai a me:— Mercé domando.—
Poi scoccò ’l dardo, ed arebbel percosso,
se non ch’e’ si gittò alla supina:
per questo il colpo andò da lui rimosso. 40Su ratto si levò e con ruina
il folgore gittò, il qual la spada
corrode e nulla fa alla vagina,
ch’ello è fiamma sottile e fa che vada
dentro alli pori e ciò che non ha poro, 45cosí disfá, come il sol la rugiada.
Questo di piombo le saette e d’oro
fuse nella faretra, e smunse e róse
ciò che v’avea di metallin lavoro.
Quando Cupido le polse penose 50volle trar fuor per trarre un’altra volta,
nulla trovò, mentre sú la man pose.
Onde ei, scornato e con furia molta:
— Io ho l’altr’arme— disse— e ’l foco sacro:
quest’arme a me da te mai non fia tolta.— 55Cosí dicendo, furibondo ed acro
corse in Vulcano e sí gl’incese il mento,
che ’l volto d’ogni barba li fe’ macro.
E, di questa vendetta non contento,
col foco s’avventò nelli ciclopi; 60e, poi che ’l capo incese a piú di cento:
— Tornate alle caverne come topi
— diceva a lor,— tornate, o turba inerte,
o falsi e vili e neri quanto etiòpi.—