discesi di quel plaustro santo
e giú nell’aspre selve ritornai
intra le spine e punto d’ogni canto.
Ratto ch’io giunsi, Venere trovai, 140che mi aspettava in una valle piana,
sí bella quanto si mostrasse mai.
Di mirto e rose e d’erba ambrosiana
portava su la testa tre corone
e faccia avea di dea e non umana. 145Ella mi disse:— Or di’: per qual cagione
volevi lasciar me e ’l mio figlio anco
o per Minerva o per muse elicone?
Se sí poco salendo fosti stanco,
se tu fossi ito per quelle erte vie, 150saresti, andando insú, venuto manco.
Ma, se verrai nelle contrade mie,
le ninfe del mio regno al tuo desio
saran condescendenti e preste e pie.
E quella ninfa, ch’io e ’l figliuol mio 155t’abbiam mostrata, ancor te la prometto;
e mezzo e guida a ciò ti sarò io.
— O Citarea— diss’io,— a te soggetto
sempre son stato ed anco al tuo Cupido,
sperando aver da voi alcun diletto; 160onde per tue parole mi confido
la bella ninfa aver, che mi mostrasti,
e, ciò sperando, dietro a te mi guido
per questi lochi sí spinosi e guasti.—