100Da questo regno sí alto e capace
la guida sale alla nobile Astrea,
che con Saturno resse il mondo in pace.
Ma, poiché fu la gente fatta rea
e l’avarizia resse il mondo male, 105ritornò al cielo, ov’ella è fatta dea.
Al nobil mio reame poi si sale,
ove si trovan tre altre reine,
ognuna in nobiltá a me eguale.
Con queste tre sí alte e sí divine 110contemplo Dio, che regge l’universo,
principio d’ogni cosa, mezzo e fine.
Il regno mio è fatto a questo verso,
com’io t’ho detto: or di’ se vuoi venire
o per le selve errando andar disperso.— 115Io era pronto e giá volea dire:
— Io voglio, o dea, seguire il tuo consiglio
e dietro a’ piedi tuoi sempre vo’ ire.—
Ma, quando in aer su alzai il ciglio,
vidi Venus, la quale una donzella 120mi mostrò lieta e Cupido suo figlio,
non vista mai al mio parer sí bella;
e cenno mi facían che su non gisse,
ché fermamente mi darebbon quella.
E parve che Cupido mi ferisse 125di piombo e d’oro; e con quelle due polse
fece che allora non mi dipartisse.
Quella del piombo il buon amor mi tolse,
ch’avea d’Ilbina, e con quella dell’oro,
oh lasso me! che a boschi anco mi volse. 130Per questo non seguii quel sacro coro;
per questo lascia’ io la compagnia,
che mi menava all’alto concistoro.
Risposi a Palla:— O dea, la possa mia
non si confida e forse non può tanto 135che vinca i mostri e saglia sí gran via.—
Cosí