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capitolo xii 61

     Io salsi il carro e nella prima gionta
io dissi:— O dea Minerva alta e benegna,
30del regno tuo alquanto mi racconta.
     E dimmi qual è ’l modo ch’io vi vegna
e dove sta e chi ’l regge e nutríca,
e della sua beltá ancor m’insegna.
     — Al regno mio, del qual vuoi ch’io ti dica
35— rispose quella— e vuoi ch’io ti dimostri,
non vi si può salir senza fatica;
     ché nel cammino stanno sette mostri
con lor satelli ad impedir la strada,
che l’uom non giunga a’ miei beati chiostri.
     40E chi losinga acciò che a lei non vada,
chi fa paura e chi occulta il laccio,
che impacci altrui o che dentro vi cada.
     E s’alcun vince e trapassa ogni impaccio,
lassati i mostri, trova una pianura.
45ove non caldo è mai troppo, né ghiaccio.
     Chi su per l’erbe di quella verzura
s’ingegna sempre di salire avante,
del regno mio poi trova sette mura.
     E ogni muro dall’altro è piú distante
50che cento miglia, e dentro alla sua mèta
un regno tien di ninfe oneste e sante.
     Ed una donna umíle e mansueta,
a chiunque sale, il sacro uscio disserra
benignamente e mai a nullo il vieta.
     55Ma pria conven che l’uom basci la terra:
allora quella ratto apre la porta
e va con lui; se no, ’l cammin egli erra.
     Tra quelli regni dietro a questa scorta
chi entra trova le muse elicone,
60ed ognuna gli applaude e lo conforta.
     Con lieti balli e soavi canzone
il menano a diletto su pel monte,
facendo melodia dolce e consone.