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perché non è necessario e del resto non si trova nella Perugina.—Cap. VI, v. 109: Noto che nella Perugina invece di «Alconia» si legge chiaramente «Meonia». Il Canneti, non registra questa variante ed io, per essermene accorto troppo tardi, non so se si trovi anche in qualche codice; ma si può ritenere per certo che almeno nel cod. Palat. 343, che serví a quella prima edizione, non manchi.—Cap. VIII, v. 47: Aggiungo un «e», che, se non è estremamente necessario, non sta male e del resto si trova nella Perugina.—Cap. XVIII, v. 22: Della doppia lezione «quarta-quinta» parla lungamente l’Artegiani nel suo commento del 1725 (cfr. Quadr., vol. II, pagg. 28-29). Il suo ragionamento molto persuasivo mi ha indotto a conservare la lezione «quarta» della Folignate, confermata anche dal cod. Conv. Soppr. c. I. 505 della Naz. Centr. di Firenze, sebbene io abbia letto «quinta» nel cod. Ashb. 372.

Libro II, cap. I, v. 101: È chiaro che qui si parla della leggendaria Arianna. La forma «Adriana», che io prendo dalla Folignate, si trova giá nella Perugina e forse anche nei codici osservati dal Canneti, che non aggiunge varianti. A me è toccato di leggere nei codici anche «Andriana» e «Dadriana». Del resto, il Petrarca scriveva «Adrianna» (cfr. Trionfo d’Amore), da cui forse viene la forma frezziana.—Cap. VI, vv. 16-21: Ho tolto la «e» al v. 19, sebbene si trovi anche nei testi da me consultati, ed ho punteggiato diversamente dal Canneti tutto il periodo, per renderlo meno oscuro e piú spedito.—Cap. X, v. 6: Ho cambiato il «nullo» in «nulla», sebbene i testi confermino quella lezione, perché essa non ha senso.—Cap. XI, v. 20: Il verbo «pon» sembra una corruzione di «son», che darebbe maggior chiarezza al concetto; ma io non l’ho mutato, perché esso può accordarsi con uno solo dei soggetti precedenti, e perché è scritto proprio «pon» nei testi da me veduti.—Cap. XV, v. 153: Non credo si debba leggere «Ser Vagnone», come legge il Canneti, perché bisognerebbe ammettere che quel gran delinquente fosse un signore rispettabile; meglio conservare la forma unita, quale si trova nelle prime edizioni, come se fosse tutto un nome.—Cap. XVI, v. 36: I codici da me visti e la stampa perugina hanno «gani» - «ganni» - «inganni» invece di «Giani» (cfr. su questa questione il mio cit. lavoro Un’accademia umbra ecc., I, 263). Del resto, il famoso traditore di Maganza è ricordato anche altrove dall’autore del Quadriregio (cfr. la pag. 315 di questa ristampa).—Cap. XVIII, v. 11: Sebbene i testi da me visti non abbiano l’articolo «’l» davanti a «sesto», ho creduto necessario aggiungerlo; vv. 115-118: Tutti i testi da me consultati, anche il Class. 124, hanno «Ai miseri» invece di «I miseri», che leggiamo nella Folignate; io ho creduto opportuno di riprender quella costruzione, perché, se non si accorda col verbo «n’han diletto», si collega meglio dell’altra con l’ultimo verso—Cap. XIX, v. 159: Sostituisco «mézze gelse» a «more gelse», perché cosí leggo in due codici e nell’ediz. perugina, e perché, significando in questo luogo «more molto mature», l’espressione è piú propria dell’altra.