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capitolo xx 375

     Ad alcun anco, in cui caritá è morta,
65del ben, che fa, gli avviene ex consequente
che ’l premio eterno e felice ne porta;
     ché, quando egli òra o dona all’indigente,
prega per lui, e la somma Piatade
spesso per questo gl’illustra la mente,
     70sí ch’ei torna a vertú ed a bontade:
ond’io conchiudo ch’atto virtuoso
innanzi a Dio giammai in fallo cade.
     — Se tu pervegni al superno riposo
— un disse a me,— innanzi che tu monti,
75star meco alquanto non ti sia noioso.
     Se vuoi che ’l nome mio pria ti racconti
e la freddezza mia, la qual io mondo
e che, penando, qui convien ch’io sconti,
     Toso Benigno fui detto nel mondo:
80fui piacentino, e da me fu commesso
ad un per me di satisfar il pondo.
     Romper la fede a Dio è ’l primo eccesso,
e poscia al morto, il qual, quando decede,
lascia il suo successor quasi un se stesso.
     85Cosí un mio compagno io lassa’ erede:
e’ di quel ch’io volea, niente fece,
sí come spesso fa chiunque succede.
     Però ti prego, se tornar ti lece,
che dichi al fratel mio che satisfaccia
90e che per me vada a Roma in mia vece.—
     Risposi a lui:— Ciò, che vorrai ch’io faccia,
el farò volentier; ma resta un poco,
ed a me un punto dichiarar ti piaccia.
     Io lessi giá che sta in altro loco
95il purgatoro e ch’è parte d’inferno;
ed ora el veggio qui tra questo foco.—
     Ed egli a me:— Colui, che ’n sempiterno
mai non si muta ed ogni cosa move
e tutto l’universo ha ’n suo governo,