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capitolo xv 349


Il tempio, che di sopra era scoperto,
65avea per tetto il raggio delle stelle,
e ’l ciel ogni splendor v’avea aperto.
     Mentr’io mirava queste cose belle,
Paulo mi disse:— Se tu hai diletto
altro sapere, perché non favelle?—
     70Risposi a lui:— Quantunque io abbia letto
che cosa è fede, ancor non son contento,
se meglio nol dichiari al mio intelletto.
     — Fede è substanza ovvero fundamento
delle cose non viste e da sperare,
75ferma chiarezza ovver fermo argumento.—
     Cosí egli rispose al mio parlare;
e poi subiunse che qui la substanza
vien da quel verbo, che sta per substare.
     E, perché tutto l’esser di speranza
80sta su la fede e dietro gli seconda,
e senza lei ogni vertú ha mancanza,
     fede è substanza, perché ’n lei si fonda
spene e vertú e vanno dietro poi
quasi accidenti ovver cosa seconda.
     85Se d’argumento ancor tu saper vuoi,
ciò è chiarezza, ché la fede è chiara,
come chi vede ben cogli occhi suoi.
     E fa’ che ’ntendi bene, e questo impara:
ch’alcuna fede è viva, alcuna è morta,
90e sol la fede viva appo Dio è cara,
     perché nell’operare è sempre accorta;
e cosí è vertú da lei produtta,
come da pianta che buon frutto porta.
     La fede morta è quella che non frutta
95l’opere virtuose e non si guarda
né dalli vizi, né da cosa brutta.
     E questa fede è morta, a chi risguarda;
ché, benché dica con parol ch’ell’ama,
nell’opere si mostra poi bugiarda.