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capitolo xiii 339

     E nullo vinclo debbe esser maggiore,
e nullo amor piú stretto e piú eccellente
che dalla creatura al suo Fattore.
     100Però chi ’l tronca e chi v’è negligente,
veder si puote in quanta offesa cade,
chi nol frequenta o chi non gli è obbediente.
     Questo primaio amor prima pietade
disson gli antichi, e che ’l culto divino
105è la prima vertú, prima bontade.
     Però il re Priámo e ’l buon Quirino,
ed Alessandro in pria fenno li tempii,
e Salomone el coprío d’oro fino.
     Ed, offerendo, al vulgo dienno esempii;
110e chi non frequentava il divin còlto,
chiamavano crudeli, iniqui ed empii.
     Ma ora è sí negletto e sí rivolto
a Satanasso per diverse vie,
che, piú che a Dio, a lui si volta il volto.
     115Con superstizioni e con malie
or son fatti teatri i sacri lochi
a vagheggiarvi e farvi ruffianie.
     Quanti Iasoni e quanti re Antiòchi
lo imbruttano ora, e Dionisi e Varri
120son stupratori degli eterni fochi!
     I filistei riposono in sui carri
l’arca di Dio, per non inviziarse,
e tanto mal che di lor non si narri.
     La barbaresca man, che sangue sparse
125giá tanto in Roma, che destrusse e incese
i gran palagi e il Capitolio arse,
     fu reverente ai tempii ed alle chiese;
ché chiunque fuggí a quelli de’ romani,
fu libero da morte e dall’offese.
     130Io ho toccati questi esempli strani
degl’infideli, e questo ho posto solo
per emendar li crudeli cristiani.