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CAPITOLO XIII
Dove trattasi singolarmente della virtú dell'equitá e della veritá
e de' valenti canonisti e legisti.
— Domanda— aggiunse Astrea— de’ regni miei;
omai di’ ciò che vuoi, e ben t’accerta
e delle dame mie tutte e sei.—
Quando mi vidi far tanta proferta,
5con quella parte io la ringraziai,
che chiede Dio all’uom per prima offerta.
E poi con riverenzia domandai:
— Perché la Veritá, la quinta sposa,
che Equitá ancor nomata l’hai,
10la veggio singulare in una cosa,
ché porta la bilancia ed ella sola
tra la sua schiera è la piú gloriosa?—
Rispose Astrea a questa mia parola:
— Da questo nome «_ius_», se noti bene,
15come si espone in la civile scola,
Iustizia è detta, a cui tener pertiene
egual bilance. È ver che ’n alcun caso
ei non si puote ovver non si conviene;
ché ’l don di Dio accolma tanto il vaso,
20e de’ parenti a’ figli, ché chi rende,
non pò render appien, ma men che a raso.
Cosí all’uom, che di vertú risplende,
piena mesura non si rende ancora,
ché nullo ben terren tanto s’estende;