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330 libro quarto

     Ed un di loro a me cominciò a dire:
— Or cesserá laggiú il mondo unquanco
novi statuti e nòve leggi ordire?
     Non son venute ancor le carte manco?
140non son le voci advocatorie fioche
delli notai, ch’abbaian forte al banco?
     Se ’l danar non facesse che si advoche,
non saría in terra conculcato il vero,
e bastarían le leggi buone e poche.
     145Io son quel re piatoso, e fui severo,
che la dolcezza temperai col duolo
nel nato mio, che trova’ in adultèro.
     Io fei cavar un occhio al mio figliolo:
e, perché ne dovea perdere dui,
150io pagai l’altro e serbaimene un solo.
     In quanto padre, fui piatoso a lui;
in quanto re, servai la legge intera:
sí che pio padre e iusto re io fui.
     Quest’altro è Bruto, l’anima severa,
155che, per servar la legge, ardito e forte
a duo suoi figli segò la gorgiera.
     Piú tosto volle ad elli dar la morte,
che la iustizia fusse morta in loro,
o che mancasse alla pubblica corte.
     160L’altro, ch’è ’l terzo qui tra ’l nostro coro,
chiese il figliolo alla mortal sentenza
’nanti al senato e al roman concistoro;
     ché combattuto avea senza licenza,
e, benché avesse avuta la vittoria,
165reo el provò di tanta penitenza,
     che legge contra lui facíe memoria.—