Stazio napolitan tien l’altro loco; 65Orazio è l’altro e poscia Giovenale;
Terenzio e Persio vengon dietro un poco.—
Il pegaseo cavallo con doppie ale
io vidi poscia, e mille lingue ed occhi
aveva intra le penne, con che sale. 70Avea pennuti i piedi e li ginocchi;
e tanto sal, che non è mai che Iove
cosí da alto le saette scocchi.
E vidi poscia come ben si move,
volando fuor del fonte pegaseo, 75ov’io pervenni e vidi cose nòve.
Demostene trovai ed anche Orfeo,
che sí soave giá sonò sua cetra,
con lo influir di Nisa e di Lieo,
che moveva i gran sassi ed ogni pietra, 80e con la melodia della sua voce
scese in inferno in quella valle tetra;
Pluton, senza piatá crudo e feroce,
mosse a piatá, e l’anime de’ morti
fece scordar del foco, che le coce; 85facea tornar a drieto i fiumi torti;
alfin ne trasse fuor la sua mogliera,
col suon facendo a lei li passi scorti.
Prudenzia, tra cotanta primavera,
salir mi fe’ nel gran monte Parnaso, 90dove la scòla filosofica era.
Infino a piè del colle, a raso a raso,
splendeva il lume grande di quel sole,
che mai ebbe orto e mai averá occaso.
Mentr’io sguardava a quelle grandi scole, 95un poníe mente a me coll’occhio fiso,
come chi ben cognoscer altrui vuole;
e poi la bocca mosse un poco a riso,
che fu cagion che lo splendor s’accese
ed illustrògli piú la faccia e ’l viso.