Inginocchiato il pié diritto e il manco, 65come chi vuol intrar quivi far usa,
venne una ninfa vestita di bianco.
Io percepetti ben ch’era una musa,
ché ’n capo avea d’alloro una grillanda;
e questa aprí a me la porta chiusa. 70Tutti i bei fior, che Zefiro ne manda,
e tutto il canto della primavera,
allor che amor la compagnia domanda,
nulla saríeno al canto che quivi era:
il lume di quel regno era sí accenso, 75che ogni luce di qua parría da sera.
E, benché lo splendor fusse sí intenso,
non però quello i mortali occhi offende,
ma piú acuto fa il visivo senso:
cosí l’occhio mental, quand’egli intende, 80si fa piú vigoroso e fassi forte,
quanto l’obietto visto piú risplende.
Della Prudenzia pervenni alla corte;
e ben pareva la casa del Sole:
tanti splendori uscían delle sue porte. 85Intorno al pian vid’io le grandi scole
de’ filosofi saggi e de’ poeti,
d’Apollo e di Mercurio santa prole.
Pensa se gli occhi miei erano lieti,
vedendo di Parnaso il sacro monte, 90qual per veder sostenni fami e seti;
vedendo intorno al pegaseo fonte
le nove muse, e di peneia fronda
incoronarsi le tempie e la fronte;
vedendo lo stillar della sacra onda; 95udendo i dolci canti e le favelle,
a’ quai degno parea che ’l ciel risponda.
Come dal sole è ’l lume delle stelle,
cosí dalla gran corte di Prudenza
venía la luce in queste cose belle.