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capitolo vi 303

     100Fortezza fe’ che Curzio si gittasse
nella ruina, acciò che la sua morte
da morte la sua patria liberasse.
     Omai contempla la mia bella corte.
Questa che ’n testa porta due ghirlande,
105perché a destra ed a sinistra è forte,
     Magnanimitá è, che ha ’l cor sí grande,
che Fortuna nol flette, se minaccia,
né lieva in alto con losinghe blande;
     ma tra la gran tempesta e gran bonaccia
110conduce la sua barca con salute,
e troppa spene o tèma non l’impaccia.
     Non per ambizion, ma per vertute
s’ingegna di salir in grande onore,
e solo a questo ha le sue voglie acute,
     115e, non perch’i subietti ella divore,
ma per far prode, sí come fa ’l lume,
che, posto in alto, mostra piú splendore.
     Il vizio d’arroganza, e che presume,
ha ella in odio e la gloria vana
120sí come cosa opposta al buon costume.
     Troppa audacia ancor da lei è lontana
e ’l timor troppo e l’animo pusillo,
e la temeritá da lei è strana;
     ed è verace, e l’animo ha tranquillo
125e tra li grandi mostra aspetto magno,
ed eccellente ed alto è ’l suo vessillo,
     ed usa tra’ minor come compagno.
L’onor e la vertú vuol che antiposta
sia all’utilitá ed al guadagno.
     130Quell’altra donna, che gli siede a costa,
è sua sorella, chiamata Fidanza:
questa è seconda, in questo regno posta.
     Questa comincia con molta baldanza
le cose dure, pria pensando il fine
135e la fatica ed ogni circumstanza.